20 August 2006

PERSONAGGI


O t e l l o, generale dell’Armata Veneta · Tenore

I a g o, alfiere d’Otello · Baritono

C a s s i o, un capitano · Tenore

R o d e r i g o, un gentiluomo Veneziano · Tenore

L o d o v i c o, Ambasciatore della Repubblica Veneta · Basso

M o n t a n o, predecessore d’Otello nel governo dell’isola di Cipro · Basso

Un araldo · Baritono

D e s d e m o n a, moglie d’Otello · Soprano

E m i l i a, moglie di Iago e attendente di Desdemona · Mezzosoprano


Soldati e Marinai della Repubblica Veneta · Gentildonne e Gentiluomini Veneziani · Popolani Ciprioti d’ambo i sessi · Uomini d’arme Greci, Dalmati, Albanesi · Fanciulli dell’isola · Un Tavernieri · Quattro servi di taverna · Bassa ciurma.


Scena: Una città di mare nell’isola di Cipro.



Epoca: La fine del secolo XV.



Prima rappresentazione:
Teatro alla Scala di Milano, 5 febbraio 1887.


ATTO PRIMO. Scena prima



L'esterno del Castello.

Una Taverna con pergolato. Gli spaldi nel fondo e il mare.
È sera. Lampi, tuoni, uragano.



ALCUNI DEL CORO.
Una vela!

ALTRI DEL CORO.
Una vela!

IL PRIMO GRUPPO.
Un vessillo!

IL SECONDO GRUPPO.
Un vessillo!

MONTANO.
È l’alato Leon!

CASSIO.
Or la folgor lo svela.
(Trombe sul palco.)

ALCUNI (che sopraggiungono).
Uno squillo!

ALTRI (che sopraggiungono).
Uno squillo!
(Colpo di cannone.)

TUTTI.
Ha tuonato il cannon!

CASSIO.
È la nave del Duce.

MONTANO.
Or s’affonda.
Or s’inciela …

CASSIO.
Erge il rostro dall’onda.

METÀ DEL CORO.
Nelle nubi si cela e nel mar,
E alla luce dei lampi ne appar.

TUTTI.
Lampi! tuoni! gorghi! turbi tempestosi e fulmini!
Treman l’onde! treman l’aure! treman basi e culmini.
(Entrano dal fondo molte donne del popolo.)
Fende l’etra un torvo e cieco spirto di vertigine.
Iddio scuote il cielo bieco, come un tetro vel.
Tutto è fumo! tutto è fuoco! l’orrida caligine
Si fa incendio, poi si spegne più funesta, spasima
L’universo, accorre a valchi l’aquilon fantasima,
I titanici oricalchi – squillano nel ciel.

TUTTI (con gesti di spavento e di supplicazione e rivolti verso lo spaldo.)
Dio, fulgor della bufera!
Dio, sorriso della duna!
Salva l’arca e la bandiera
della veneta fortuna!
Tu, che reggi gli astri e il Fato!
Tu, che imperi al mondo e al ciel!
Fa che in fondo al mar placato
Posi l’àncora fedel.

IAGO.
È infranto l’artimon!

RODERIGO.
Il rostro piomba
Su quello scoglio!

CORO.
Aita! Aita!

IAGO (a Roderigo).
L’alvo
Frenetico del mar sia la sua tomba!

CORO.
È salvo! è salvo!

VOCI INTERNE.
Gittate i palischermi!
Mano alle funi! Fermi!

PRIMA PARTE DEL CORO.
Forza ai remi!

SECONDA PARTE (scendono la scala dello spaldo).
Alla riva!

VOCI INTERNE.
All’approdo! allo sbarco!

ALTRA VOCI INTERNE.
Evviva! Evviva! Evviva!

OTELLO (dalla scala della spiaggia salendo sullo spaldo con seguito di marinai e soldati).
Esultate! L’orgoglio musulmano
Sepolto è in mar; nostra e del ciel è gloria!
Dopo l’armi lo vinse l’uragano.

TUTTI.
Evviva Otello! Evviva! evviva! evviva!
Vittoria! Vittoria!
(Otello entra nella rocca, seguito da Cassio, da Montano e dai soldati.)

CORO.
Vittoria! Stermino!
Dispersi, distrutti,
Sepolti nell’ orrido
Tumulto piombâr.
Avranno per requie
La sferza dei flutti,
Avranno per requie
La sferza dei flutti,
La ridda dei turbini,
L’abisso del mar.

CORO.
Si calma la bufera.

IAGO (indisparte a Roderigo).
Roderigo,
Ebben, che pensi?

RODERIGO.
D’affogarmi …
(Nel fondo è un andirivieni della ciurma che sale dalla scala della spiaggia ed entra nel castello portando armi e bagagli, mentre dei popolani escono da dietro la rocca portando dei rami da ardere presso la spaldo; alcuni soldati con fiaccole illuminano la via percorsa da questa gente.)

IAGO.
Stolto
È chi s’affoga per amor di donna.

RODERIGO.
Vincer nol so.
(Alcuni del popolo formano da un lato una castasta di legna: la folla s’accalca intorno turbolenta e curiosa.)

IAGO.
Suvvia, fa senno, aspetta
L’opra del tempo. A Desdemona bella,
Che nel segreto dei tuoi sogni adori,
Presto in uggia verranno i foschi baci
Di quel selvaggio dalle gonfie labbra.
Buon Roderigo, amico tuo sincero
Mi ti professo, né in più forte ambascia
Soccorrerti potrei. Se un fragil voto
Di femmina non è tropp’arduo nodo
Pel genio mio né per l’inferno, giuro
Che quella donna sarà tua. M’ascolta:
Benchè finga d’amarlo, odio quel Moro …
(Entra Cassio: poi s'unisce a un crocchio di soldati. – Iago sempre in disparte a Roderigo.)
… E una cagion dell’ira, eccola, guarda.
(Indicando Cassio)
Quell’azzimato capitano usurpa
Il grado mio, il grado mio che in cento
Ben pugnate battaglie ho meritato;
(continua il passaggio della bassa ciurma nel fondo)
Tal fu il voler d’Otello, ed io rimango
Di sua Moresca Signoria l’alfiere!
(Dalla catasta incominciano ad alzarsi dei globi di fumo sempre più denso.)
Ma, come è ver che tu Roderigo sei,
Così è pur vero che se il Moro io fossi
Vedermi non vorrei d’attorno un Iago.
Se tu m’ascolti …
(Iago conduce Roderigo verso il fondo. – Il fuoco divampa. I soldati s’affollano intorno alle tavole della taverna. – Mentre dura il canto intorno al fuoco di gioia, i Tavernieri appenderanno al pergolato dell’osteria delle lanterne veneziane a vari colori che illuminerano gaiamente la scena. I Soldati si saranno adunati intorno alla tavole, parte seduti, parte in piedi, ciarlando e benvendo.)

CORO.
Fuoco di gioia – l'ilare vampa
Fuga la notte – col suo splendor.
Guizza, sfavilla – crepita, avvampa
Fulgido incendio – che invade il cor.
Dal raggio attratti – vaghi sembianti
Movono intorno – mutando stuol.
E son fanciulle – dai lieti canti,
E son farfalle – dall’igneo vol.
Arde la palma – col sicomoro,
Canta la sposa – col suo fedel;
Sull’aurea fiamma – sul lieto coro
Soffia l’ardente – spiro del ciel.
Fuoco di gioia – rapido brilla!
Rapido passa – fuoco d’amor!
Splende, s’oscura – palpita, oscilla,
L’ultimo guizzo – lampeggio e muor.
(Il fuoco si spegne a poco a poco: la bufera è cessata. – Iago, Roderigo, Cassio e parecchi altri uomini d’arme intorno a un tavolo dove c’è del vino: parte in piedi, parte seduti.)

IAGO.
Roderigo, beviam! Qua la tazza,
Capitano.

CASSIO.
Non bevo più.

IAGO (avvicinando il boccale alla tazza di Cassio).
Ingoia
Questo sorso.

CASSIO (ritirando il bicchiere).
No.

IAGO.
Guarda! Oggi impazza
Tutta Cipro! è una notte di gioia,
Dunque …

CASSIO.
Cessa. Già m'arde il cervello
per un nappo vuotato.

IAGO.
Si, ancora
Bever devi. Alle nozze d’Otello
E Desdemona!

TUTTI (tranne Roderigo).
Evviva!

CASSIO (alzando il bicchiere e bevendo un poco).
Essa infiora
Questo lido.

IAGO (sottovoce a Roderigo).
(Lo ascolta.)

CASSIO.
Col vago
Suo raggiar chiama i cuori a raccolta.

RODERIGO.
Pur modesta essa è tanto.

CASSIO.
Tu, Iago
Canterai le sue lodi!

IAGO (a Roderigo).
(Lo ascolta.)
(Forte a Cassio.)
Io non sono che un critico.

CASSIO.
Ed ella
D’ogni lode è più bella.

IAGO (come sopra, a Roderigo, a parte).
(Ti guarda
Da quel Cassio.

RODERIGO.
Che temi?

IAGO (sempre più incalzante).
Ei favella
Già con troppo bollor, la gagliarda
Giovinezza lo sprona, è un astuto
Seduttor che t’ingombra il cammino.
Bada …

RODERIGO.
Ebben?

IAGO.
S’ei inebria è perduto!
Fallo ber.)
(Ai tavernieri.)
Qua, ragazzi, del vino!
(Iago riempie tre bicchieri: un per sè, uno per Roderigo, uno per Cassio. – I Tavernieri circolano colle anfore. – A Cassio, col bicchiere in mano: la folla gli si avvicina e lo guarda curiosamente.)
Inaffia l’ugola!
Trinca, tracanna!
Prima che svampino
Canto e bicchier.

CASSIO (a Iago, col bicchiere in mano).
Questa del pampino
Verace manna
Di vaghe annugola
Nebbie il pensier.

IAGO (a tutti).
Chi all’esca ha morso
Del ditirambo
Spavaldo e strambo
Beva con me.

CORO.
Chi all’esca ha morso
Del ditirambo
Spavaldo e strambo
Beva con me.

IAGO (piano a Roderigo indicando Cassio).
(Un altro sorso
È brillo egli è.)

RODERIGO (a Iago).
(Un altro sorso
È brillo egli è.)

IAGO (ad alta voce).
Il mondo palpita
Quand’io son brillo!
Sfido l’ironico
Nume e il destin!

CASSIO (bevendo ancora).
Come un armonico
Lïuto oscillo;
La gioia scalpita
Sul mio cammin!

IAGO (come sopra).
Chi all’esca ha morso
Del ditirambo
Spavaldo e strambo
Beva con me.

TUTTI.
Chi all’esca ha morso
Del ditirambo
Spavaldo e strambo
Beva con te.

IAGO (a Roderigo.)
(Un altro sorso
E brillo egli è!)

RODERIGO (a Iago.)
(Un altro sorso
E brillo egli è!)

IAGO (ad alta voce).
Fuggan dal vivido
Nappo i codardi
Che in cor nascondono
Frodi e mister.

CASSIO (alzando il bicchiere, al colmo dell’esaltazione).
In fondo all’anima
Ciascun mi guardi!
(Beve.)
Non temo il ver …
(barcollando)
Non temo il ver … – Bevo …

TUTTI (ridendo).
Ah! Ah!

CASSIO.
Del calice …
Gli orli s’imporporino! …
(Vorrebbe ripetere il primo motivo, ma non si sovviene.)

IAGO (a Roderigo, in disparte, mentre gli altri ridono di Cassio).
(Ègli è briaco fradicio. Ti scuoti.
Lo trascina a contesa; è pronto all'ira,
T’offenderà … ne seguirà tumulto!
Pensa che puoi cosi del lieto Otello
Turbar la prima vigilia d’amore!

RODERIGO (risoluto).
Ed è chò che mi spinge.)

MONTANO (entrando e rivolgendosi a Cassio).
Capitano,
V’attende la fazione ai baluradi.

CASSIO (barcollando).
Andiam!

MONTANO.
Che vedo?

IAGO (a Montano).
(Ogni notte in tal guisa
Cassio preludia al sonno.

MONTANO.
Otello il sappia.)

CASSIO (come sopra).
Andiamo ai baluardi …

RODERIGO poi TUTTI.
Ah! Ah!

CASSIO.
Chi ride?

RODERIGO (provocandolo).
Rido d’un ebro …

CASSIO (scagliandosi contro Roderigo).
Bada alle tue spalle!
Furfante!

RODERIGO (difendendosi).
Briaco ribaldo!

CASSIO.
Marrano!
Nessun più ti salva!

MONTANO (separandoli a forza e dirigendosi a Cassio).
Frenate la mano,
Signor, ve ne prego.

CASSIO (a Montano).
Ti spacco il cerebro
Se qui t’interponi.

MONTANO.
Parole d’un ebro ….

CASSIO:
D'un ebro?!
(Cassio sguaina la spada. Montano s’arma anch’esso. Assalto furibondo. La folla si ritrae.)

CASSIO:
D'un ebro?!

IAGO (a parte a Roderigo, rapidamente).
(Va al porto, con quanta più possa
Ti resta, gridando: sommossa! sommossa!
Va! spargi il tumulto, l’orror. Le campane
Risuonino a stormo.)
(Roderigo esce correndo. – Iago ai due combattenti, esclamando.)
Fratelli! l’immane
Conflitto cessate!

MOLTO DONNE DEL CORO (fuggendo).
Fuggiam!

IAGO.
Ciel! già gronda
Di sangue Montano! Tenzon furibonda!

ALTRE DONNE.
Fuggiam!

IAGO.
Tregua!

TUTTI.
Tregua!

DONNE (fuggendo).
S'uccidono!

UOMINI (ai combattenti).
Pace!

IAGO (agli astanti).
Nessun più raffrena quel nembo pugnace!
Si gridi l’allarme! Satana gl’invade!!

VOCI (in scena e dentro).
All’armi!!
(Campane a storno).

TUTTI.
Soccorso!!

ATTO PRIMO. Scena seconda



(Otello, Jago, Cassio, Montano, popolo, soldati: più tardi Desdemona)



OTELLO (seguito da genti con fiaccole).
Abbasso le spade!
(I Combattenti s'arrestano. Montano s’appoggia a un soldato. – Le nubi si diradano a poco a poco.)
Olà! Che avvien? Son io fra i Saraceni?
O la turchesa rabbia è in voi trasfusa
Da sbranarvi l’un l’altro? Onesto Jago,
per quell'amor che tu mi porti, parla.

IAGO.
Non so … qui tutti eran cortesi amici,
Dianzi, e giocondi … ma ad un tratto, come
Se un pianeta maligno avesse a quelli
Smagato il senno, sguainando l’arme
S’avventano furenti … avess io prima
Stroncati i pie’ che qui m'addusser!

OTELLO.
Cassio,
Come obliasti te stesso a tal segno? …

CASSIO.
Grazia … perdon … parlar non so …

OTELLO.
Montano …

MONTANO (sostenuto da un soldato).
Io son ferito …

OTELLO.
Ferito!... pel cielo
Già il sangue mio ribolle. Ah! l’ira volge
L’angelo nostro tutelare in fuga!
(Entra Desdemona: Otello accorre ad essa.)
Che? … la mia dolce Desdemona anch’essa
Per voi distolta da’ suoi sogni? – Cassio,
Non sei più capitano.
(Cassio lascia cadere la spada che è raccolta da Iago.)
(pergendo la spada di Cassio ad un soldato)

IAGO (porgendo la spada di Cassio a un soldato).
(Oh, mio trionfo!)

OTELLO.
Iago, tu va nella città sgomenta
Con quella squadra a ricompor la pace.
(Iago esce.)
Si soccorra Montano.
(Montano è accompagnato nel Castello.)
Al proprio tetto
Ritorni ognun.
(A tutti, imperiosamente.)
Io da qui non mi parto
Se pria non vedo deserti gli spaldi.
(La Scena si vuota. Otello fa cenno agli uomini colle fiaccole che lo accompagnano di rientrare nel castello.)

ATTO PRIMO. Scena terza



Otello e Desdemona.



OTELLO.
Già nella notte densa
S’estingue ogni clamor.
Già il mio cor fremebondo
S’ammansa in quest’amplesso e si rinsensa.
Tuoni la guerra e s'inabissi il mondo
Se dopo l'ira immensa
vien quest'immenso amor!

DESDEMONA.
Mio superbo guerrier! Quanti tormenti,
Quanti mesti sospiri e quanta speme
Ci condusse ai soavi abbracciamenti!
Oh! com’è dolce il mormorare insieme:
Te ne rammenti!
Quando narravi l’esule tua vita
E i fieri eventi e i lunghi tuoi dolor,
Ed io t’udia coll'anima rapita
In quei spaventi e coll’estasi in cor.

OTELLO.
Pingea dell’armi il fremito, la pugna
E il vol gagliardo alla breccia mortal,
L’assalto, orribil edera, coll’ugna
Al baluardo e il sibilante stral.

DESDEMONA.
Poi mi guidavi ai fulgidi deserti,
All’arse arene, al tuo materno suol;
Narravi allor gli spasimi sofferti
E le catene e dello schiavo il duol.

OTELLO.
Ingentilia di lagrime la storia
Il tuo bel viso e il labbro di sospir;
Scendean sulle mie tenebre la gloria,
Il paradiso e gli astri a benedir.

DESDEMONA.
Ed io vedea fra le tue tempie oscure
Splender del genio l’eterea beltà.

OTELLO.
E tu m’amavi per le mie sventure
Ed io t’amavo per la tua pietà.

DESDEMONA.
Ed io t’amavo per le tue sventure
E tu m’amavi per la mia pietà.

OTELLO.
Venga la morte! e mi colga nell’estasi
Di quest’amplesso
Il momento supremo!
(Il cielo si sarà tutto rasserenato; si vedranno alcune stelle e sul lembo dell’orizzonte il riflesso ceruleo della nascente luna.)
Tale è il gaudio dell'anima che temo,
Temo che piu non mi sara concesso
Quest’attimo divino
Nell’ignoto avvenir del mio destino.

DESDEMONA.
Disperda il ciel gli affanni
E amor non muti col mutar degli anni.

OTELLO.
A questa tua preghiera
Amen risponda la celeste schiera.

DESDEMONA.
Amen risponda.

OTELLO.
(appoggiandosi ad un rialzo degli spaldi).
Ah! la gioia m’innonda
Si fieramente … che ansante mi giacio …
Un bacio …

DESDEMONA.
Otello!

OTELLO.
Un bacio … ancora un bacio,
(Alzandosi e fissando una plaga del cielo stellato.)
Già la pleiade ardente al mar discende.

DESDEMONA.
Tarda e la notte.

OTELLO.
Vien … Venere splende.
(S’avviano abbracciati verso il castello.)

ATTO SECONDO. Scena prima



Una sala terrena nel Castello.

Una invetriata la divide da un grande giardino. Un verone.

Iago al di qua del verone. Cassio al di là.


IAGO.
Non ti crucciar. Se credi a me, tra poco
Farai ritorno ai folleggianti amori
Di Monna Bianca, altiero capitano,
Coll’elsa d'oro e col balteo fregiato.


CASSIO.
Non lusingarmi …


IAGO.
Attendi a ciò ch’io dico.
Tu dêi saper che Desdemona è il Duce
Del nostro Duce, sol per essa ei vive.
Pregala tu, quell'anima cortese
Per te interceda e il tuo perdono è certo.


CASSIO.
Ma come favellarle?


IAGO.
È suo costume
Girsene a meriggiar fra quelle fronde
Colla consorte mia. Quivi l’aspetta.
Or t’è aperta la via di salvazione.
Vanne.

(Cassio s'allontana.)

ATTO SECONDO. Scena seconda



Iago solo.



IAGO.
(seguendo coll’occhio Cassio)
Vanne; la tua meta già vedo.
Ti spinge il tuo dimone,
E il tuo dimon son io.
E me trascina il mio, nel quale io credo,
Inesorato Iddio.
(Allontanandosi dal verone seza più guardar Cassio che sarà scomparso fra gli alberi.)

Credo in un Dio crudel che m'ha creato
Simile a sè e che nell'ira io nomo.

Dalla viltà d'un germe o d'un atòmo
Vile son nato.

Son scellerato
Perchè son uomo;
E sento il fango originario in me.

Si! questa è la mia fe’!

Credo con fermo cuor, siccome crede
La vedovella al tempio,
Che il mal ch'io penso e che da me procede,
Per il mio destino adempio.

Credo che il guisto è un istrion beffardo,
E nel viso e nel cuor,
Che tutto è in lui bugiardo:
Lagrima, bacio, sguardo,
Sacrificio ed onor.

E credo l’uom gioco d’iniqua sorte
Dal germe della culla
Al verme dell’avel.

Vien dopo tanta irrision la Morte.

E poi? E poi? – La Morte è' il Nulla.
È vecchia fola il Ciel.

(Si vede passare nel giardino Desdemona con Emilia. Iago si slancia al verone, al di là del quale è appostato Cassio.)


IAGO.
(parlando a Cassio)
Eccola … – Cassio … a te … Questo è il momento.
Ti scuoti...vien Desdemona.
(Cassio va verso Desdemona, la saluta, le s’accosta.)
S’è mosso; la saluta
E s’avvicina.
Or qui si tragga Otello! … aiuta, aiuta
Sàtana il mio cimento!
(Sempre al verone, osservando, ma un poco discosto. – Si vedono ripassare nel giardino Cassio e Desdemona.)
Già conversano insieme … ed essa inclina,
Sorridendo, il bel viso.
Mi basta una lampo sel di quel sorriso
Per trascinare Otello alla ruina.
Andiam …
(Fa per avviarsi rapido all'uscio del lato destro, ma s’arresta subitamente.)
Ma il caso in mio favor s’adopra.
Eccolo … al posto, all’opra.
(Si colloca immoto al verone, guardando fissamente verso il giardino, dove stanno Cassio e Desdemona.)

ATTO SECONDO. Scena terza



Iago e Otello.


IAGO.
(simulando di non aver visto Otello e fingendo di parlare fra sè.)
Ciò m’accora …

OTELLO.
Che parli?

IAGO.
Nulla … voi qui? una vana
Voce m’uscì dal labbro …

OTELLO:
Colui che s’allontana
Dalla mia sposa, è Cassio?
(L’uno e l’altro si staccano dal verone.)

IAGO.
Cassio? No … quei si scosse
Come un reo nel vedervi.

OTELLO.
Credo che Cassio ei fosse.

IAGO.
Mio signore …

OTELLO.
Che brami? …

IAGO.
Cassio, nei primi dì
Del vostro amor, Desdemona non conosceva?

OTELLO.
Sì.
Perchè fai tale inchiesta?

IAGO.
Il mio pensiero è vago
D’ubbie, non di malizia.

OTELLO.
Di’ il tuo pensiero, Iago.

IAGO.
Vi confidaste a Cassio?

OTELLO:
Spesso un mio dono o un cenno
Portava alla mia sposa.

IAGO.
Dassenno?

OTELLO.
Si, dassenno.
(Calmo.)
Nol credi onesto?

IAGO.
(imitando Otello)
Onesto?

OTELLO.
Che ascondi nel tuo core?

IAGO
Che ascondo in cor, signore?

OTELLO.
»Che ascondo in cor, signore?«
Pel cielo, tu sei l’eco dei detti miei, nel chiostro
Dell’anima ricetti qualche terribil mostro.
Sì, ben t’udii poc’anzi mormorar: ciò m’accora.
Ma di che t’accoravi? Nomini Cassio e allora
Tu corrughi la fronte. Suvvia, parla, se m’ami.

IAGO.
Voi sapete ch’io v’amo.

OTELLO.
Dunque senza velami
T’esprimi, e senza ambagi. T’esca fuor dalla gola
Il tuo più rio pensiero colla più ria parola.

IAGO.
S’anco teneste in mano tutta l’anima mia
Nol sapreste.

OTELLO.
Ah!

IAGO.
(avvicinandosi molto ad Otello e sottovoce).
Temete, signor, la gelosia!
È un’idra fosca, livida, cieca, col suo veleno
Sè stessa attosca, vivida piaga le squarcia il seno.

OTELLO.
Miseria mia!! – No, il vano sospettar nulla giova.
Pria del dubbio l’indagine, dopo il dubbio la prova,
Dopo la prova (Otello ha sue leggi supreme),
Amore e gelosia vadan dispersi insieme!
Non parlo ancor di prova, pur, generoso Otello,
Vigilate; soventi le oneste e ben create
Coscienze non vedono la frode: vigilate.
Scrutate le parole di Desdemona, un detto
Può ricondur la fede, può affermare il sospetto.
Eccola; vigilitate

(Si vede ricomparire Desdemona nel giardino, dalla vasta apertura del fondo: esse è circondata da donne dell'isola, da fanciulla, da marinai cipriotti e albanesi che si avanzano e le offrono fiori e rami fioritti ed altri doni. Alcuni s'accompagnano, cantando, sulla guzla (una specie di Mandòla), altri hanno delle piccole arpe ad armascollo.)

CORO.
Dove guardi splendono
Raggi, avvampan cuori,
Dove passi scendono
Nuvole di fiori.
Qui fra gigli e rose,
Come a un casto altare,
Padri, bimbi, spose
Vengono a cantar.

FANCIULLI.
(spargendo al suolo fiori di giglio).
T’offriamo il giglio
Soave stel
Che in man degli angeli
Fu assunto in ciel,
Che abbella il fulgido
Manto e la gonna
Della Madonna
E il santo vel.

DONNE E MARINAI.
Mentre all’ aura vola
Lieta la canzon,
L’agile mandòla
Ne accompagna il suon.

MARINAI.
(offrendo a Desdemona dei monili di corallo e di perle).
A te le porpore,
Le perle e gli ostri,
Nella voragine
Còlti del mar.
Vogliam Desdemona
Coi doni nostri
Come un’immagine
Sacra adornar.

FANCIULLI E DONNE .
Mentre all’aura vola
Lieta la canzon,
L’agile mandòla
Ne accompagna il suon.

LE DONNE.
A te la florida
Messe dai grembi
A nembi, a nembi
Spargiam al suolo.
L’april circonda
La sposa bionda
D’un etra rorida
Che vibra al sol.

TUTTI.
Dove guardi splendono
Raggi, avvampan cuori,
Dove passi scendono
Nuvole di fiori.
Qui fra gigli e rose,
Come a un casto altare,
Padri, bimbi, spose
Vengono a cantar.

DESDEMONA.
Splende il cielo, danza
L’aura, olezza il fior.
Gioia, amor, speranza
Cantan nel mio cor.

CORO.
Vivi felice! Addio. Qui regna Amore.
(Durante il Coro, Otello osserva con Iago.)

OTELLO.
(soavemente commosso).
… Quel canto mi conquide.
No, no, s’ella m’inganna, il ciel se stesso irride!

IAGO.
(Beltà ed amor in dolce inno concordi!
I vostri infrangerò soavi accordi.)

ATTO SECONDO. Scena quarta


Finito il Coro, Desdemona bacia la testa d’alcuni tra i fanciulli, e alcune donne le baciano il lembo della veste, ed essa porge una borsa ai marinai. Il Coro s’allontana. Desdemona, seguita poi da Emilia, entra nella sala e s’avanza verso Otello.)


DESDEMONA:
(a Otello)
D'un uom che geme sotto il tuo disdegno
La preghiera ti porto.

OTELLO.
Chi è costui?

DESDEMONA.
Cassio.

OTELLO.
Era lui
Che ti parlava sotto quelle fronde?

DESDEMONA.
Lui stesso, e il suo dolor che in me s’infonde
Tanto è verace che di grazia è degno.
Intercedo per lui, per lui ti prego.
Tu gli perdona.

OTELLO.
Non ora.

DESDEMONA.
Non oppormi il tuo diniego.
Gli perdona.

OTELLO.
Non ora.

DESDEMONA.
Perchè torbida suona la voce tua?
Qual pena t’addolora?

OTELLO.
M’ardon le tempie …

DESDEMONA.
(spiegando il suo fazzoletto, come per fasciare la fronte d’Otello).
Quell’ardor molesto
Svanirà, se con questo
Morbido lino la mia man ti fascia

OTELLO.
(getta il fazzoletto a terra),
Non ho d'uopo di ciò.

DESDEMONA.
Tu sei crucciato, signor.

OTELLO.
(aspramente).
Mi lascia! mi lascia!
(Emilia raccoglie il fazzoletto dal suolo).

DESDEMONA.
Se inconscia, contro te, sposo, ho peccato,
Dammi la dolce e lieta
Parola del perdono.
La tua fanciulla io sono
Mmile e mansueta;
Ma il labbro tuo sospira,
Hai l’occhio fiso al soul.
Guardami in volto e mira
Come favella amor.
Vien ch’io t’allieti il core,
Ch’io ti lenisca il duol.

IAGO.
(a Emilia sottovoce).
(Quel vel mi porgi
Ch’or hai raccolto.

EMILIA.
(sottovoce a Iago).
Qual frode scorgi?
Ti leggo in volto.

IAGO.
T’opponi a vôto
Quand’io commando.

EMILIA.
Il tuo nefando
Livor m’è noto.

IAGO.
Sospetto insano!

EMILIA.
Guardia fedel
È questa mano.

IAGO.
Dammi quel vel!
(Afferra violentemente il braccio di Emilia.)
Su te l’irosa
Mia man s’aggrava!

EMILIA.
Son la tua sposa,
Non la tua schiava.)

OTELLO.
(a parte).
(Forse perchè gl’inganni
D’arguto amor non tendo,
Forse perchè discendo
Nella valle degli anni,
Forse perchè ho sul viso
Quest’atro tenebror,
Ella è perduta è irriso
Io sono e il core m’infrango
E ruinar nel fango
Vedo il mio sogno d’or.)

IAGO.
(La schiava impura
Tu sei di Iago.

EMILIA.
Ho il cor presago
D’una sventura.

IAGO.
Nè mi paventi?

EMILIA.
Uomo crudei!

IAGO.
A me …

EMILIA.
Che tenti?

IAGO.
A me quel vel!)
(Con un colpo di mano Iago ha carpito il fazzoletto ad Emilia.)
(Già la mia brama
Conquido, ed ora
Su questa trama
Iago lavora!)

EMILIA.
(Vinser gli artigli
Truci e codardi.
Dio dai perigli
Sempre ci guardi.)

OTELLO.
Escite! Solo vo’ restar.

IAGO:
(sottovoce ad Emilia che sta per escire.)
Ti giova
Tacer. Intendi?
(Desdemona ed Emilia escono. Iago finge d’escire dalla porta del fondo, ma giuntovi s’arresta.)